La 25a Ora – Regia di Spike Lee

 

Vi consigliamo caldamente “LA “25a ORA”. Regia di Spike Lee.

Noi ci siamo andati.

Era un pezzo che non si vedeva un film come questo.

Uno di quei film che – quando esci dal cinema – ti “lascia qualcosa dentro”.

E ti fa pensare.

Abbiamo cercato di capire insieme perché ci era piaciuto.

 

Non ci è piaciuto tanto per la trama, alquanto banale (un uomo condannato a trascorrere i prossimi 7 anni della sua vita in un penitenziario per spaccio di droga, vive le sue ultime 24 ore, cercando di “sistemare” il suo cane, le sue cose, i suoi affetti, la sua anima) quanto per l’incredibile quantità di spunti che ogni sequenza – e il film, nella sua interezza - offre.

 

Ci è piaciuto per il protagonista (un Norton in ottima forma), che si svela nella sua natura di uomo condannato.

Una condanna forse peggiore di una malattia terminale, perché una malattia non si sceglie.

Un uomo che tenta di trovare un perché a ciò che gli sta per accadere, vomitando tutta la sua rabbia su chi e su cosa non gli ha impedito di trovarsi di fronte a questo futuro. Un futuro che avrebbe potuto evitare.

Un uomo che libera il suo odio in un’incredibile invettiva “rap” di fronte allo specchio da cui non riesce a cancellare il “fuck you” che continuerà a portarsi dentro.

E' più facile distruggere tutto quello che stai lasciando piuttosto che pensare di abbandonare (e poi ritrovare cambiato) un mondo "perfetto".

 

Ci è piaciuto, in generale, per il modo in cui Lee disegna il pluriaffrontato tema dell’eterna convivenza nell’uomo, e nelle sue rappresentazioni, del bene e del male.

 

“Nel film pare comunque esserci compassione proprio per la fragilità della natura umana che ti fa fare sbagli su sbagli (e pure grossi...), che ti fa avere paura, che ti fa dare la colpa agli altri che colpa non hanno, che ti fa "pentire" solo quando ormai hai le spalle al muro, quando è troppo tardi, quando non hai una 25esima ora a disposizione .... ma che ti fa anche chiedere scusa, capire che è stata solo colpa tua, essere riconoscente con le persone che ti vogliono bene, leale con le persone a cui vuoi bene e generoso anche con quelli che non hanno da darti in cambio niente (il cane!)...” (Woods)

 

“La faccia oscura della luna...Dark side of the Moon... Il giano bifronte che c'è in ognuno di noi. Ci portiamo dentro dello sporco innato (sorta di peccato originale)  e che accumuliamo (e qui i rimandi sono infiniti) e non riusciamo a pulirci. Se sbagli sei fregato, se lo sporco emerge rispetto agli altri sei fregato, se lo metti a profitto no. Una volta che sei sul binario della vita ti appiccicano l'etichetta e buonanotte… addio alle possibilità (la parte finale con la sua possibile vita da fuggiasco)” (Linux)

 

Ci è piaciuto questo protagonista (vende droga e morte), un uomo più pulito di tanti altri. Si impietosisce, si innamora, crede nell'amicizia. Sentimenti che si intensificano con lo scorrere inesorabile del tempo.

E’ una convenzione pensare che i soldi della borsa (disoccupazione su, disoccupazione giù) siano più puliti di quelli fatti con la droga.

E di averli perché fai parte di una ricca famiglia ebrea americana (e vergognarsene)?

 

Ci è piaciuto per gli altri protagonisti. Anche loro vivono alle soglie di una condanna (perché nella vita puoi essere fottuto da una soffiata, ma anche da un numero sbagliato o da un bacio di troppo):

 

Frank, l'amico borsista, di fronte alla tragedia che travolge l'amico, fa una cosa che - forse - molti di noi fanno ogni giorno.

Si affaccia al balcone della vita e giudica che "in fondo, se l'è meritato". Perché è molto più facile.

Così come è molto più facile pensare che una giovane e povera portoricana sta con un bianco ricco e dai guadagni facili per i suoi soldi.

Perché Frank calcola il mondo e le persone in percentili.

E in centimetri di *****.

Più facile di dire a se stesso "che ho fatto io perché questa cosa non accadesse?".

Più facile di scoprire un percorso mentale diverso, meno banale e scontato,

salvo poi rendersi conto con tristezza della sua "indifferenza" alle vicende dell'amico di sempre.

 

L’amico Professore, una figura che non sceglie. Che non impressiona.

Nemmeno i suoi alunni (lontana anni luce l’immagine del professor Keating che fa breccia nell’animo dei suoi allievi invitandoli a cogliere l’”Attimo fuggente”).

Un uomo insulso che liberatosi dalle sue catene “morali”, sembra sul punto di voler fare il salto…buttarsi nello "sporco" che lo attira: la ragazzina "maiala" che lo provoca.

E invece riesce a darle solo un bacio.

Abbastanza per macchiarsi ma non abbastanza per prendere quello che realmente vuole. E che è lì... a portata di mano.

 

E, protagonista, sopra tutti e dentro tutti, New York.

Le immagini di NY sono bellissime. Toccanti. Pervadono tutto il film.

Dai titoli di testa, alla finestra della casa di Frank (che l'ha pagata tanto... perchè dovrebbe cambiare? Non gli cambia la vita il fatto che gli abbiano raso al suolo le Torri a due passi da casa...), al bar dei Pompieri newyorkesi, alla scena del deserto (perché anche nel deserto sarai sempre di NY).

 

Per le contraddizioni di questa città (se non ci sei stato, ti viene voglia di andarci… e se ci sei stato, di tornarci…) in cui riescono a convivere etnie diverse, mondi diversi e personaggi diversi. Diversi proprio come i 3 amici protagonisti… però pur sempre “amici”.

 

Il film ci è piaciuto per le immagini (le sequenze frammentate e ripetute sono un vero “gioiello”), per la fotografia, per i colori (alcune scene “monocromatiche” risultano di grande intensità), per i suoni (non solo le scelte musicali… anche i silenzi sono scelti con grande maestria)…

 

Infine, ci è piaciuto per il finale che si svela drammaticamente (dopo la Via Crucis delle sue ultime 24 ore di vita “terrena”, la faccia tumefatta di Norton sembra farcelo vedere Crocefisso al sedile dell’automobile, accompagnato dal Padre in un mondo migliore… vi ricorda qualcosa?).

 

Insomma… il film ci è piaciuto.

Lo consigliamo.

 

Kata – Linux – Woods