'Che serata...'

di Zia Franca

 Associazione eno-gastronomica Amici dell'Occhione        

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Il posto era uno di quei posti che si vedono solo nei film. Almeno fino a quel punto, perché, per la prima volta non lo vedeva in un film, ma lo stava vedendo dal vivo.
"Cazzo, che roba!", fu l'esclamazione che gli venne in mente appena entrò.
Poi, dopo essersi ripreso, fece quattro passi intorno ai tavoli, nel locale scuro e affumicato dove la gente parlava ad alta voce fumando sigarette di tutte le marche e sigari da decine di dollari.
Al bancone del bar, alcune donne vestite da sgualdrine cercavano di circuire i poveri avventori sventurati che offrivano loro da bere, whisky e gin di pessima fattura. Proprio le esalazioni di quel whisky, sparso sul bancone e caduto a terra, misto all'odore dei sigari cubani e alla puzza di sudore dei camionisti sdraiati sulle panche in fondo alla stanza, davano al locale un'aria di vissuto. In altri tempi gli sarebbe venuto un conato di vomito e sarebbe fuggito di corsa come inseguito da lupi famelici, ma quella sera no. Quella sera era speciale. Una di quelle sere che non si doveva dimenticare, doveva fare qualcosa di eccezionale.
Si trastullò ancora pochi secondi, indeciso se sedersi al tavolo vicino ai camionisti e sorbirsi così i loro effluvi ascellari, oppure andare dritto al bancone e ordinare un drink, assalito dalle mani invadenti delle sgualdrine truccate da viados. Ma erano donne vestite da sgualdrine, oppure sgualdrine truccate da viados? Forse erano viados vestiti da donna, truccati da sgualdrine Poco importa, in fin dei conti, erano viados vestiti da donna, che sembravano sgualdrine, truccate come bagasce. Che differenza faceva poi, tanto stavano li per farsi pagare da bere e magari, se ti andava, se eri bevuto fino all'inverosimile, ti portavano nelle stanzette "di sopra", ti spogliavano, e ti toglievano anche i soldi per il giornale dell'indomani mattina. Ma non era quello che cercava. Lui voleva fare qualcosa che facesse di quella serata, "la serata". Quella che avrebbe ricordato per tutta la vita, che non si sarebbe più tolto di mente, come un tatuaggio sulla spalla, una cicatrice, come il primo bacio. Il 23 maggio 1997 non se lo doveva scordare più.
Di punto in bianco fu colpito da una figura che da lontano lo scrutava, sorseggiando un gin-tonic, fumando una Camel lights, mentre sgranocchiava noccioline e si trastullava i capelli. “Ma quante cazzo di mani c’ha questa?” pensò, divertito da quella donna dai capelli rossi che continuava insistente ad esaminarlo a distanza. Capì che quella, poteva essere la sua occasione. Per la prima volta in vita sua, una donna lo guardava, lo scrutava, lo cioccava, insomma: stava RIMORCHIANDO.
Immediatamente gli venne un groppo alla gola. Sudò freddo. Gli vennero i brividi. Si girò alla ricerca di qualcosa da bere che gli togliesse l’effetto carta vetrata dalla gola. Due tavoli più in là qualcuno aveva lasciato un bicchiere mezzo pieno, o era mezzo vuoto? Questa domanda lo fermò per un istante, ma poi si fiondò sul bicchiere, approfittando di un attimo di distrazione della rossa. Appena mandato giù il liquido scuro contenuto nel bicchiere si accorse che era chinotto. “Porca troja, il chinotto” , proprio sto cazzo di chinotto ci doveva essere?
Da quando aveva sette anni ed aveva provato per la prima volta, l’altro modo di bere scuro, ogni volta, cominciava a ruttare come un otre piena di metano.
“Porca boja, adesso che faccio?”. Doveva aspettare che la fase critica passasse prima di avvicinarsi alla donna. La fase critica durava almeno venti minuti. Avrebbe aspettato tanto? Se ne sarebbe andata come avevano fatto tutte, le altre volte?
Una cosa lo rincuorò: per la prima volta da quando l’aveva vista, non era più agitato dall’emozione, adesso la sua attenzione era tutta per il chinotto.
Ma in quel momento, proprio mentre pensava che non era più agitato, cominciò ad agitarsi.
La donna era scesa dallo sgabello del bancone ed a passi lenti e voluttuosi stava avvicinandosi a lui.
Istintivamente lui iniziò a mandare giù aria nello stomaco per provocarsi dei rutti e cercare di scongiurare la fase critica. Sfruttando il rumore assordante della musica nel locale e del chiasso provocato dai camionisti che raccontavano barzellette, fece in pochi secondi un turbinio di rotti da sparecchiare tutti i tavoli del locale. Lei lo guardava provocante e lui, che sentiva che la fase critica stava per terminare, alleggerito dal suo peso interiore, abbozzò un sorriso ammiccante mentre lei si avvicinava sempre più. Era a pochi passi, quando lui capì che la fase critica era ormai al termine, restava solo pochissima aria da mandare fuori. Che fare? Mandare giù pochissima aria e cercare di smaltirla in più riprese, oppure mandarne giù tanta, tutta di un colpo, e ruttare con tutta la potenza dei polmoni? Tanto i camionisti erano all’apice del divertimento, la musica era al massimo. Decise per la seconda ipotesi. Inspirò tanta aria da farsi quasi esplodere lo stomaco, carburò e si apprestò a riemetterla con tutta la potenza che potesse immaginare. Lei era ormai davanti a lui.
Ma proprio in quel momento i camionisti smisero di ridere, perché l’ultima barzelletta raccontata già la conoscevano tutti. Il barman, che aveva l’emicrania spense la musica assordante, ed il silenzio calò nel locale.
BBBBRRRRRRRRHOOOOOOOOOOAAAAAAARRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRZZZZZ
Non aveva fatto in tempo ad accorgersi che il barman aveva spento la musica e che quella cazzo di barzelletta era vecchia e la conoscevano tutti.
Tutto il locale, anche i tavoli e le sedie, si voltarono verso di lui. Il barman ingollò un moment per calmare il mal di testa e la ragazza…
La ragazza era davanti a lui, con i capelli rossi, come prima, ma di un rosso più acceso, tutti all’indietro, il trucco le colava dagli occhi e la sigaretta, ormai spenta, le cadde dalle labbra.
Lui non riuscì a reggere la figuraccia e di corsa uscì dal locale dirigendosi verso il parco.
La donna lo seguì, dopo essersi riassettata il trucco che l’onda d’urto le aveva squassato.
Lui intanto, a lunghe falcate aveva raggiunto il parco e si era seduto stremato dalla corsa sopra una panchina. La donna uscita dal locale si guardò intorno ma non vide nessuno, per strada nessuno, nemmeno un cane randagio. Ma, di colpo, la sua attenzione fu catturata da una scia di colore giallo ocra dall’odore acre. Decise di seguirla, convinta dentro di se, che l’avrebbe portata da lui.
Man mano che proseguiva lungo il tragitto, la scia era sempre più intensa e lei accelerava, e dopo alcuni passi si trovò di fronte alla panchina, dove l’uomo si era fermato, sfinito.
A passi lenti e leggeri si avvicinò per non impaurirlo, e quando gli fu dietro, gli cinse gli occhi con i palmi delle mani ed esclamò: ”chi è?”.
Lui, per un istante non afferrò la situazione, ma subito dopo emise un urlo deflagrante che fece fuggire tutti gli animali del parco, nel giro di duecento metri.
La donna gli si sedette accanto e gli prese la mano fra le sue cercando di rincuorarlo.
- scusa, non volevo metterti paura.
- Ma no, non mi hai messo paura, è che io, ogni tanto, urlo per liberarmi delle cariche negative. Lo faccio tutti i giorni.
- Perché sei fuggito così, all’improvviso, dal locale? Pensavo che volessi conoscermi.
- Ma perché, tu…., non….tu, non hai sentito?
- Sentito cosa?
- Non hai sentito il rumore che ho fatto?
- Quale rumore?
- BBBBRRRRRRRRHOOOOOOOOOOOOOOOOOOOARRRRRRRRRRRRRRRRZZZZ
- Lo hai fatto tu? Ma, perché, non era il temporale?
- Eh, si, infatti. Io faccio un’imitazione del temporale veramente eccezionale, ti è piaciuta?
- Non vado matta per le imitazioni, comunque, sei bravo.

Mentre parlavano, lui scorse nella donna qualcosa di particolare, come una nota di originalità. Quel qualcosa in più. Qualcosa che le altre donne non hanno. Era una donna particolare. Magnifico: una notte particolare, in un posto particolare con una donna particolare.
Era il momento, quello che aspettava da anni. La serata della sua vita.
La donna intanto non perdeva tempo, lo guardava con sguardo profondo e provocante, accarezzandogli la mano. Lui la fissava, incredulo che quello che stava succedendo, stava succedendo proprio a lui.
All’improvviso la donna avvicino la bocca a quella di lui e lo baciò intensamente.
Quel bacio lo lasciò senza respiro. Gli vennero in mente mille cose, tra cui un fortissimo odore di dopo barba.
La donna, aveva preso in mano la situazione, ed ora lo stava spogliando, mentre lui in preda all’eccitazione spogliava lei. Era una situazione incontenibile, via la maglietta, via la camicetta, via la canotta, via il reggiseno. Lei gli accarezzava il petto villoso, anche lui! Anche lui?
Ma che ci fa, questa, con tutti sti peli sul petto? Ma lei non gli diede il tempo di trovare una risposta, perché gli aveva sbottonato i pantaloni. In pochi secondi si trovò disteso sulla panchina, nudo, mentre lei, indossando solo un perizoma, lo leccava tutto come un cremino.
L’eccitazione era alle stelle, lui, preso dal impeto sessuale, infilò la mano li dentro. Si, proprio nel unico indumento che lei indossava ancora.
Si fermò di colpo. Un grosso punto interrogativo gli spuntò sopra la testa:
“Che cazzo ci fa, questa, con una banana nelle mutande?”
Ma il grosso punto interrogativo svanì in un lampo, quando la donna lo prese con veemenza, lo capovolse a pancia in giù, lo afferrò per i fianchi e….
…MAMMAMIAAAAAAAA CHE DOLOREEEEEEEEEEEE!!!!!!!!!!!!
Era all’apice della serata, quella serata che da anni aveva atteso, e che adesso non avrebbe più dimenticato. Da quella sera sarebbe cambiato tutto in lui.
Non avrebbe più pensato come una volta, non avrebbe più camminato come una volta, non si sarebbe più seduto come una volta, non avrebbe più riso come una volta.
Da quella sera, ogni volta che avesse detto, irritato, a qualcuno: “ lasciami stare oggi mi rode il culo!”, sarebbe ritornato inevitabilmente indietro con la mente e avrebbe pensato a quando, una sera era entrato in uno di quei posti che si vedono solo nei film. Almeno fino a quel punto, perché, per la prima volta non lo vedeva in un film, ma lo stava vedendo dal vivo…

 

 

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